C’è stato un tempo, in questa nostra terra, nel quale avrebbe avuto poco senso applicare la massima latina “scripta manent, verba volant” in riferimento alla salvezza della propria lingua. L’uso orale diffuso e quotidiano del sardo – sebbene in un contesto di bilinguismo a favore della lingua ufficiale impostaci – certificava uno stato di salute stazionario. Il sardo non era la lingua dell'amministrazione, non era la lingua della scuola e non era la lingua dei mezzi di comunicazione. Dunque aveva dei limiti, anche in prospettiva. Ma almeno lo si parlava e lo si trasmetteva. L’apprendimento linguistico dei bambini era del tutto naturale e ciò garantiva continuità. In tutto ciò, la questione del mettere le cose per iscritto era un problema relativo. Nel senso che non si considerava la scrittura come uno strumento per salvare una lingua che, seppur limitata, non dava segnali di scomparsa (persino i grandi poeti estemporanei, che sui palchi l'hanno mantenuta in vita, usavano l'italiano nei loro rapporti epistolari). Oggi la situazione è diversa: ciò che chiunque può realizzare è che nell’aria volano molte meno parole in sardo. Di conseguenza l’utilizzo della scrittura risulta essere centrale nel mantenimento e nella trasmissione della nostra lingua. Scripta manent, s'iscritu abarrat, appunto. Intanto perché la scrittura presuppone una altrui lettura (e quindi un particolare e più definito incontro) e un ascolto interiore; ma anche perché l’esercizio della stessa favorisce una più fluente comunicazione orale in sardo in un contesto dove inevitabilmente si fanno strada codici misti quali l’italiano regionale da una parte e un sardo ormai contagiato dalla morfosintassi d'oltretirreno. La scrittura meditata, inoltre, ci permette di rafforzare le competenze linguistiche dandoci tempi di riflessione e di scelte espressive che la comunicazione orale spesso non ci dà. Per una lingua minoritaria e minorizzata tutto ciò è importantissimo, perché tenderemo così a specializzarla. Infine, la scrittura ci permette di cogliere al meglio le strutture linguistiche comuni di un sardo troppo spesso presentatoci come qualcosa di estremamente difforme al suo interno in virtù di differenze fonetiche che comunque non sono mai state un ostacolo all’intercomprensione e mai lo saranno. Stiamo vivendo un processo socio-linguistico interessantissimo che mostra molte problematiche ma anche tante opportunità. Occorre viverlo immergendoci nelle difficoltà ma animati da grande ottimismo. I-scripta, oltre ad essere una piattaforma professionale, è uno dei tanti strumenti a disposizione del percorso e, nel suo piccolo, vuole contribuire alla risardizzazione linguistica di questa terra. Magari non saranno i nostri occhi a vedere il raggiungimento completo di questo obiettivo, ma quel che scriveremo rimarrà. Perché lo scritto, appunto, rimane.